Etica di allevamento

allevamentoQuesto è un articolo complesso da scrivere perché tratta un argomento piuttosto articolato, inevitabilmente quindi c’è bisogno di dilungarsi su dei punti fondamentali, per quanto cercheremo di restare più sintetici possibile!

Iniziamo quindi rispondendo alla prima domanda che sorge spontanea: perché un sito di un’associazione rescue dovrebbe parlare di allevamento?

Prima ancora di essere una rescue noi volontari riteniamo che la missione fondamentale per aiutare i ratti e, perché no, anche diminuirne gli abbandoni, sia semplicemente quella di informare, informare, informare.
Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia, far finta che il mondo dell’allevamento non esista, né censurarlo, perché verremmo meno ai nostri obiettivi.
L’informazione è la chiave! Noi come associazione non siamo contro l’allevamento a priori, ma contro il cattivo allevamento, la riproduzione non controllata dei soggetti, da parte di “allevatori” improvvisati e superficiali.
Poi che in Italia il secondo rappresenti la stragrande maggioranza dei casi è un altro triste discorso.

Che cos’è quindi che distingue il buono dal cattivo allevamento?

Cerchiamo di stilare una lista di attributi del buon allevatore:

  • Il bravo allevatore è una persona esperta di ratti da anni, matura, che ha studiato a fondo e si aggiorna continuamente, il cui scopo di allevamento non è guadagnare.
NOTA: L'allevamento ben fatto di qualsiasi specie/razza animale NON è mai redditizio! I soldi che vengono richiesti al momento della vendita di un animale non sono quelli dell'individuo in sé (che non è una merce, ma un essere vivente), ma di tutto il lavoro che c'è stato dietro la nascita di quel ratto, dei suoi genitori, dei suoi nonni. Il lavoro in termini di studio e tempo da parte dell'allevatore, della pianificazione delle nascite, dello studio delle linee di sangue dei riproduttori (non solo nel pre, ma soprattutto nel post, seguendo tutta la genealogia per individuare tare nella linea), delle strutture, del veterinario, del cibo di buona qualità, lettiere e tutto il necessario per la corretta gestione.
  Certo, se per studio si intende imparare -e a volte nemmeno quello- due o tre regolette sulla genetica dei colori, tenere i ratti nei rack o quando va bene nei faunabox 60x40 senza il minimo arricchimento ambientale, dare avanzi di cibo o cibo per cavalli comprato all'ingrosso, non interagire più del necessario con i ratti e cedere i cuccioli a 4 settimane spaccate, è ovvio che anche 10 euro a cucciolo (per una media di 100 euro a cucciolata) siano una enorme fonte di guadagno per l'allevatore.
  Ma voi vorreste davvero comprare un rattino allevato in questo modo? Che cosa vanno a pagare i vostri 10-20 euro? All'allevatore si paga il costo del lavoro di allevamento, non il prezzo di una vita. Non ci vuole mica niente a mettere insieme un maschio e una femmina, dove sta il lavoro? Non vi sembra praticamente la stessa cosa che comprare un ratto da pasto qualunque, se non il fatto che possa avere un colore appena più carino e costare 10 volte tanto?
 Non preferireste invece pagare il doppio/triplo/quadruplo e anche di più per un rattino con la garanzia che sia stato allevato correttamente, con buon carattere, e di una linea di sangue longeva? Non pensate che il colore finisca proprio all'ultimo posto, con tutti questi altri fattori -di gran lunga più importanti- da considerare?
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Esempio di rack professionale per l’allevamento di ratti (51x38x25cm circa). Foto dal web.

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Esempio di  rack artigianali a castello (notare il rapporto con la dimensione dei ratti al loro interno). Foto dal web.

  • Il bravo allevatore dà la priorità alla salute e al carattere dei ratti, non alla varietà di pelo o al colore.
  • Il bravo allevatore riproduce i suoi ratti alla giusta età (v. sotto) e non sottopone ogni femmina a più di due-tre parti nella sua vita.
  • Il bravo allevatore possiede le giuste attrezzature, tiene i ratti in casa (almeno le cucciolate) o in un locale adeguatamente isolato e con temperatura controllata. Non utilizza rack, ma gabbie o fauna-box dalle misure adeguate, una gabbia-parto deve avere come misure minime 80x50x50, con nido e elementi di arricchimento ambientale (soprattutto quando i cuccioli iniziano ad uscire dal nido e ad esplorare in giro; la cosa peggiore per loro è crescere in un ambiente vuoto, deprivante), lettiera sempre pulita, ciotole e beverino puliti e sempre pieni.
  • Il bravo allevatore fornisce ai suoi ratti un cibo di ottima qualità, va bene una dieta casalinga, ma il classico mix fioccato per cavalli+crocchette non è adeguato né di qualità accettabile. Anni fa era il cibo utilizzato da tutti, e da molti anche ora, ma non sempre ciò che “si è sempre fatto così” rappresenta l’alternativa migliore, ricordiamo anche che le linee guida di gestione dei ratti 10 anni fa erano basate sull’allevamento dei ratti feeder, da pasto. Per i compagni della nostra vita esigiamo uno standard più elevato, non restiamo ancorati a convinzioni obsolete.
  • Il bravo allevatore non cede i suoi ratti subito a 4 settimane di vita. I cuccioli hanno bisogno minimo di un’altra settimana per poter socializzare con i fratelli, giocare, imparare per imitazione dalla madre (e possibilmente da altri ratti adulti equilibrati), apprendere le dinamiche di gruppo, l’inibizione al morso, i repertori di comunicazione. Un ratto ben socializzato con i suoi simili in età sensibile sarà un adulto equilibrato, requisito fondamentale tanto per un ratto da compagnia quanto per un ratto riproduttore.
  • Il bravo allevatore è quello che dalle 2 settimane di vita dei piccoli fino alla cessione a 5 settimane o più interagisce regolarmente con i rattini, li rende curiosi e fiduciosi nei confronti dell’uomo, semplicemente passando molto tempo con loro. Un cucciolo correttamente socializzato arriverà nella nuova casa senza timori, senza bisogno di ulteriori tecniche di socializzazione come bagging o simili, non timido o spaventato.
NOTA: Diffidate di chi vi vuole cedere i cuccioli a 4 settimane perché “così si abituano subito alla nuova famiglia”, sta lasciando il lavoro di socializzazione a voi; inutile dire che non è lo stesso iniziare la socializzazione a 4-5 settimane, piuttosto che a 2-3 settimane. Si può rimediare certamente, ma non c'è paragone (almeno all'inizio), in seguito la genetica e l'esperienza del proprietario faranno il resto e si potranno ottenere comunque ottimi animali da compagnia. Ma non avete pagato per dover pure fare la fatica (talvolta piacevole e gratificante se i cuccioli rispondono subito, tante altre deprimente e demotivante) di socializzare i ratti, no? Tanto valeva comprare un rattino da pasto a 2 euro.
  Oltre al fattore socializzazione, ci sono diversi motivi per cui un allevatore vuole cedere i cuccioli subito dopo lo svezzamento: se i cuccioli non sono stati socializzati con l'uomo, cederli troppo oltre significherebbe avere clienti scontenti, perché più tempo passa e meno i ratti saranno socializzabili, proprio perché finisce il periodo sensibile, che li rende aperti e ben disposti verso le nuove esperienze. Inoltre, cedere i cuccioli appena svezzati presuppone una minore spesa economica, perché una decina di piccoli ratti svezzati costantemente affamati consumano presto le riserve di cibo, e sono dei terremoti difficilmente contenibili, bisogna dargli spazio, gabbie più grandi una volta raggiunte le 5 settimane di età e dopo la divisione dei sessi. Infine, molte persone che non ne conoscono le implicazioni chiedono ratti più piccoli possibile, l'allevatore non trae vantaggi ad opporsi a questa richiesta e la asseconda. Peccato che a risentirne sono i cuccioli stessi.
  • Il bravo allevatore non fa molte cucciolate contemporaneamente, solo per poterle avere in particolari momenti favorevoli per la vendita (fiere, raduni, festività). Tutto il lavoro di cui abbiamo discusso sopra non sarebbe fattibile se invece di seguire 1 fattrice con 10 cuccioli o 2 fattrici con 20 cuccioli per volta, si iniziano ad avere 30-40 cuccioli o più, a seconda del giro dell’allevatore. Non è proprio pensabile avere il tempo per conoscere tutti e dedicare il giusto tempo a tutti! È vero che per le prime 3 settimane la madre pensa a tutto, ma i cuccioli devono crescere in ambiente familiare, a contatto con suoni e odori di casa, e non per tutti è fattibile avere 2-3-4 gabbie con 20-30-40 ratti per 5 settimane, di più se avanza qualche cucciolo dalla vendita, vanno separati i sessi e raddoppiano le gabbie, bisogna dedicare tempo a tutti i cuccioli, alle fattrici che tutti i giorni dovranno uscire a sgambare, più il tempo da dedicare ai restanti ratti adulti dell’allevamento.
  • Il bravo allevatore conosce tutti i suoi ratti, la loro genealogia, tiene un registro degli accoppiamenti e delle nascite, i suoi ratti adulti sono tutti molto socievoli tra di loro e con l’uomo.
  • Il bravo allevatore cura la salute dei propri riproduttori, fa visitare le fattrici prima dell’accoppiamento, garantisce loro cure mediche in caso di problemi al parto, garantisce che gli animali siano esenti da parassiti esterni ed interni, e conserva i certificati da mostrare agli acquirenti, a garanzia di quanto fatto.
NOTA: Per i ratti non esistono test genetici contro particolari patologie, come invece esistono per cani e gatti, non è così semplice individuare delle tare genetiche, ed è per questo che il lavoro dell'allevatore di ratti è ancor più difficile. Altro punto a sfavore è l'età così breve dei ratti. L'età media di un ratto è 26-40 mesi (in Italia al momento è molto più bassa, 22-30 mesi in media), il periodo favorevole alla riproduzione è di soli pochi mesi (dai 5 ai 7 mesi di età nella femmina), quindi quando gli ultimi cuccioli di una fattrice raggiungono l'età per riprodursi, questa sarà già troppo vecchia per fare altre cucciolate. Non si può quindi aspettare come crescerà una cucciolata prima di decidere se farne fare una seconda, bisognerà sfruttare il periodo favorevole e vederne gli effetti solo molto tempo dopo. In sostanza, prima si riproducono e solo dopo molte generazioni, molto dopo la morte della prima fattrice, si possono evidenziare problemi nella linea genetica, che va esclusa totalmente dalla riproduzione (quindi tutti i cuccioli nati da questa linea vanno esclusi), vanificando il lavoro svolto fino a quel momento; questo ci porta al punto seguente.
  • Il bravo allevatore tiene traccia di tutti gli animali ceduti per poter avvertire i proprietari di eventuali problemi riscontrati col tempo e non cede ratti per riproduzione a privati, proprio perché come abbiamo visto non ci si può improvvisare allevatori, basta un accoppiamento sbagliato a rovinare una linea e anni di lavoro.
  • Il bravo allevatore non ha fretta di iniziare le vendite: occorrono anni per creare delle buone linee genetiche, con prove di inbreeding e successivo outcrossing per la diversità genetica, anni di prove con diverse linee, tenendo traccia di tutta la mole di discendenti, per poter capire quali linee sono migliori di altre e possano essere portate avanti, per fare un buon lavoro di miglioramento genetico.
    È difficile anche solo immaginare con la fantasia la mole di lavoro, soldi, tempo e spazio che un progetto del genere necessiti.
    È difficile da accettare, ma il fancy rat in Italia si è diffuso da appena un decennio, proviene da linee feeder con genealogia e livello di consanguineità sconosciuti, e fino ad ora ha subito riproduzioni incontrollate che nulla hanno fatto se non renderlo un animale estremamente fragile e poco longevo.
  • Il bravo allevatore mette in conto la possibilità di non riuscire a vendere tutti i cuccioli, e deve avere spazio per loro in allevamento.
  • Il compito, la responsabilità morale del bravo allevatore dovrebbe essere quella di riportare il ratto ad essere un animale che non inizi con i problemi di salute a 18 mesi, ma che arrivi tranquillamente ai 3 anni di età, come i suoi cugini selvatici.

Se potete quindi offrire tutto questo, tanto di cappello. Ma se non siete in grado di garantire tutte queste cose ai vostri ratti e a quelli futuri evitate di iniziare l’attività di allevamento (ancora di più se volete solo una cucciolata “amatoriale” dai vostri ratti preferiti), non avete idea dei danni che si possono causare con accoppiamenti errati, e una volta messi al mondo i piccoli non si può rimediare, sarà vostra responsabilità aver fatto nascere animali deboli, poco longevi, con patologie congenite o predisposizioni genetiche ad alcune malattie; vale davvero la pena?
In ultimo, ci sono tanti altri ratti sfortunati, già nati loro malgrado, che cercano casa.

Se siete sul serio intenzionati a comprare i vostri ratti in allevamento, parlate tanto con l’allevatore, ma soprattutto andate a visitare l’allevamento (diffidate se la visita non è possibile), non fatevi abbindolare da foto e dalle parole sdolcinate, e soprattutto date voi stessi la priorità al carattere dei ratti piuttosto che al colore o varietà particolare, con i ratti dovrete conviverci per un periodo della vostra vita, non tenerli in vetrina per bellezza!


A che età andrebbero riprodotti i ratti?

Per le femmine è consigliabile aspettare i 5 mesi di età per il primo parto, dopo aver raggiunto un peso minimo di 250-300 grammi. Prima dei 5 mesi le ratte, pur essendo fertili a partire dalle 5-8 settimane, non hanno sviluppato a pieno la struttura corporea e un evento fisiologicamente stressante come la gravidanza e l’allattamento non sono l’ideale. Questo influisce sul numero di nati della cucciolata oltre che sulla salute della madre ed eventuali problemi che potrebbe avere al parto.
Aspettare i 5-6 mesi di età dà anche modo di verificare il carattere della ratta, e decidere di riprodurre solo i soggetti docili, socievoli, equilibrati, escludendo invece quelli timidi, paurosi, insicuri, mordaci.
L’età per il primo parto non dovrebbe eccedere i 7 mesi di età, perchè potrebbero insorgere problemi, e l’ultimo parto non dovrebbe essere dopo i 9-10 mesi. Considerati due mesi di gravidanza e allattamento e almeno un mese di riposo, è consigliato sottoporre la fattrice a massimo due parti in tutta la sua vita.
Più di due parti non sono assolutamente necessari in un programma di accoppiamenti ben studiato, a meno che lo scopo non sia produrre più cuccioli possibili per il solo scopo di venderne di più.

Per i maschi invece è consigliabile aspettare più tempo per la monta, almeno i 6-8 mesi di età, soprattutto per un fattore comportamentale. Alcuni maschi in questa fase adolescenziale possono iniziare a mostrare problemi comportamentali caratterizzati da nervosismo, marcatura compulsiva, aggressività intra- e interspecifica, causati da un eccesso di testosterone. Questo è un fattore che va assolutamente escluso dalla riproduzione!
Dopo i 12 mesi di età potrebbe iniziare essere un calo della fertilità del maschio, ma non ci sono controindicazioni per la salute dei riproduttori.

Siti utili:

http://ratguide.com/breeding/
http://www.fancyratsforum.co.uk/viewtopic.php?f=46&t=272
http://nfrs.org/articlesbreeding.html

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